Dove oggi si apre la piazza dedicata a Luigi Emanuele Corvetto, (conosciuto anche come l’avvocato dei poveri) un tempo si distendevano i campi della cascina Gamboloita, possedimento della famiglia patrizia dei Gambalavita. Agli inizi del Novecento la cascina fu demolita e su quei terreni sorse un quartiere operaio intitolato alla “Regina Elena”, ribattezzato dopo la Seconda guerra mondiale, “Quartiere Mazzini”. Negli anni ’60 il grande cavalcavia, progettato per il flusso delle automobili, tagliò in due la piazza che, a spese del suo cielo, conquistò il ruolo di Porta dell’Autostrada del Sole. Oggi il Corvetto è una delle realtà urbanistiche più dinamiche della città. Mentre Milano cresce anche la “musica concreta” dei cantieri che accompagnano la Milano del nuovo secolo è in crescendo: scavi, magli, frese, motori, gru, martelli e voci di carpentieri, mutatori, fabbri. Suoni effimeri che lusingano e stordiscono la metropoli di vetro e cemento. Voci e rumori che vivono giusto il tempo della costruzione. Tracce sonore di “fabbriche pro tempore”; echi del fare metropolitano che affascinano e allarmano, come se sullo sfondo del progresso e della crescita aleggiasse un cluster caotico e poco rassicurante.
Dove oggi si apre la piazza dedicata a Luigi Emanuele Corvetto, (conosciuto anche come l’avvocato dei poveri) un tempo si distendevano i campi della cascina Gamboloita, possedimento della famiglia patrizia dei Gambalavita. Agli inizi del Novecento la cascina fu demolita e su quei terreni sorse un quartiere operaio intitolato alla “Regina Elena”, ribattezzato dopo la Seconda guerra mondiale, “Quartiere Mazzini”. Negli anni ’60 il grande cavalcavia, progettato per il flusso delle automobili, tagliò in due la piazza che, a spese del suo cielo, conquistò il ruolo di Porta dell’Autostrada del Sole. Oggi il Corvetto è una delle realtà urbanistiche più dinamiche della città. Mentre Milano cresce anche la “musica concreta” dei cantieri che accompagnano la Milano del nuovo secolo è in crescendo: scavi, magli, frese, motori, gru, martelli e voci di carpentieri, mutatori, fabbri. Suoni effimeri che lusingano e stordiscono la metropoli di vetro e cemento. Voci e rumori che vivono giusto il tempo della costruzione. Tracce sonore di “fabbriche pro tempore”; echi del fare metropolitano che affascinano e allarmano, come se sullo sfondo del progresso e della crescita aleggiasse un cluster caotico e poco rassicurante.